Quel Bisht del Qatar sembra tanto la Coppa inventata da Mussolini

Sono passati solo 6 giorni dalla fine del Mondiale. Eppure sembra ormai lontano. Le amichevoli delle squadre di Serie A, le nuove indagini sulla Juventus: ci siamo dimenticati in fretta del Qatar, a eccezione dell’Argentina, assalita da una travolgente e incontrollabile febbre collettiva. Eppure non possiamo dimenticare, né archiviare, quanto accaduto domenica. Non sono state la vittoria di Messi e la sconfitta di Mbappé, sono stati il trionfo dell’arroganza e la sconfitta dell’ultimo scampolo di decenza che ancora si pensava esistesse. Il Bisht fatto indossare al capitano dell’Argentina, di cui ha già scritto qui il direttore Guido Vaciago, è una delle pagine più brutte che si ricordino in tutta la storia dei Mondiali. Se tempo e condizioni non fossero differenti essendo passato quasi un secolo, verrebbe in mente la Coppa del Duce assegnata all’Italia campione del mondo nel ‘34. Mussolini l’aveva commissionato allo scultore Giuseppe Graziosi, con la finalità di celebrare i fasti del fascismo. Pesava 74 kg e a tenerla su – come mostrano le immagini dell’Istituto Luce, le uniche del 10 giugno 1934 – erano 6 giocatori. Fu l’unica volta nella quale la Rimet o la successiva Coppa del Mondo fu sostituita da altro trofeo.

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Il Bisht, cappa che segna nel Golfo Persico la ricchezza e le cerimonie principali, non è stata una pacchianata fuori logo, è stata la dimostrazione di forza che il Qatar ha voluto dare al mondo. Chi è in contatto con Gianni Infantino, giura che lui non fosse informato e che il fuori programma l’abbia spiazzato come miliardi di telespettatori. Sia come sia, resta però il fatto che l’eccessiva vicinanza, anche di domicilio, abbia spinto la Fifa nelle braccia del governo di Doha. Inutile tentare poi la retromarcia quando gli ospiti della Coppa del mondo era già divenuti i padroni dell’evento a suon di fuochi d’artificio e produzione tv. Questo è successo. Il Qatar, con molti petrodollari, si è comprato il Mondiale come aveva fatto con i marchi storici della moda, interi pezzi di Londra e Milano, il Psg e buona parte del calcio europeo, compresa l’Eca con Al Khelaifi. Il Mondiale come bene di lusso da sfoggiare. Nello stesso modo con cui hanno avvicinato i deputati europei, gli ambasciatori dell’Emirato si sono assicurati la Coppa. Dato che non potevano griffare lo splendido manufatto d’oro disegnato da Silvio Gazzaniga nel 1971, sono ricorsi all’appendice del Bisht per l’attimo dell’incoronazione. Roba loro. Addio maglia Albiceleste, addio alla bellezza di una foto per la storia da affiancare a Maradona nell’86 (non mise il sombrero, no), addio alla decenza. La verità che Messi, come la Fifa e chissà quanti altri soggetti, è pagato dal Qatar. Dunque bene, bravi, Bisht.

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I soldi hanno sempre tentato l’uomo. Dai tempi della Bibbia poco è cambiato, se non che ai sesterzi si sono sostituiti i bitcoins. Resta però incredibile la debolezza della Fifa nei confronti del potere. Da quello già ricordato verso Mussolini alle dittature del Sud America. Come scordare l’immagine di Videla che chiede ad Havelange di premiare lui Passarella? E ancora Putin nel 2018. Oggi Al Thani. Diciamo che in termini di democrazia si può crescere. Nell’anno che va a iniziare, un bel modello da tenere a memoria – Fifa, club, procuratori, tutti – è quello di Luigi Einaudi, che da presidente della Repubblica preservava la mezza mela che non mangiava. Austerità sabauda, sì, ma grande lezione per tutti.

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